Tra la Voce del Friuli e la musica iraniana la differenza è solo terminologica.
Sono elementi di uno stesso cuore che batte in sincrono nell’ambito della rassegna “Conoscenza in Festa”. La manifestazione ha preso luogo ad Udine nel giorni dell’ 1/2/3 luglio 2016 accogliendo al suo interno anche il Progetto “Vie della Narrazione”. In questa rassegna si aggregano voci di artisti che in Via Cavour ad Udine realizzano disegni di varia natura, legati all’improvvisazione e all’estemporaneità. Per la strada si cammina tra l’asimmetria di alcuni pannelli nei quali i passanti possono scrivere e completare un’opera iniziata da qualche artista al pedone ignoto.

L’idea che ne scaturisce è quella di cogliere il messaggio spontaneo del popolo con risultati eterogenei. Del resto, se una primigenia vocazione artistica è in tutti noi, non tutti siamo per questo artisti. Forse lo scopo non è quello di fare arte nel senso stretto del termine, ma di cercare nella variabile statistica e probabilistica delle narrazioni umane una riflessione individuale, forse un pò anarchica ma per questo anche più libera. Sicuramente di rilievo antropologico è la musica dello Sprar di Cividale, che ricerca nei motivi culturali iraniani e persiani una aggregazione fuori dalla propria terra. C’è quindi chi la propria terra la vuole continuare ricostruire dopo il terremoto come i friulani, e chi invece la ricrea e la immagina a distanza di chilometri con la musica. Il motivo conduttore ed il vero fil rouge è quindi il senso di appartenenza ad una comunità, molto vivo in Friuli. Se Banfield aveva parlato del “familismo amorale” delle regioni meridionali, nel settentrione prevale la tendenza a preservare i legami comunitari in forma di gruppo/i sociale/i che si presentano anch’essi con una struttura più ampia di quella familiare ma non per questo meno rigida. Per la suddetta ragione come spiega Mehdi Limoochi nella parte di intervista dedicata allo Sprar di Cividale, è molto importante per i rifugiati integrarsi ed essere accolti nella comunità friulana.

In cosa consiste il Progetto Via della Narrazione? “Mi chiamo Francesco Varanini, e ho organizzato nell’ambito di Conoscenza in Festa “Via della Narrazione”. Abbiamo lavorato sulla raccolta di narrazioni che non siano grandi conferenze ma il contributo di artisti che hanno lasciato i loro disegni”.
La narrazione come si esplica? “Nel disegno, nella pittura e nell’uso della propria voce. Nel sito https://taramot.it/ raccogliamo narrazioni brevi orali di 4 minuti che servono a far sì che non si perda la memoria del terremoto. Andremo avanti oltre la festa, fino al 50° della ricorrenza del terremoto. Le voci sono state montate in un flusso sonoro, una narrazione collettiva dalla quale emergono frasi e parole significative. Chi pronuncia “Io non voglio ricordare” e chi invece ricorda i dettagli dell’evento. Al 2° piano del Museo Cavazzini c’è una mostra aperta fino al 4 settembre con una istallazione. Nella sala dove ci sono i quadri di Willem de Kooning c’è un mormorio, sotto forma di registrazione con le voci dei friulani che ricordano l’evento”.
Chi sono i promotori dell’iniziativa? “Il collettivo di “Via della Narrazione” cioè Francesco Varanini, Andrea Martini, Andrea Ciriani, Federico Fabris, Vittorio Cirio. Sul sito http://www.viadellanarrazione.it/ è possibile visionare e consultare i nomi degli organizzatori. C’erano anche 30 artisti provenienti da tutti i luoghi del Friuli, principalmente toccati dal terremoto e che hanno fatto delle opere d’arte per strada”.

Questa iniziativa serve a riportare alla mente come la forza nella ricostruzione del Friuli provenga dalla voce autonoma delle persone che anticipa il temporaneo e tardivo supporto statale? “Beh, qui non si tratta di stabilire se il supporto statale sia arrivato presto o tardi. Sicuramente però c’è stata una forza locale e la volontà di ricostruire e di tenere viva la propria terra”.
Come mai, nella manifestazione, all’ aspetto cruento e drammatico del terremoto è stata preferita una memoria collettiva dell’evento/calamità naturale in senso storico/cronologico? “Non lo so. Nel sito https://taramot.it/ raccogliamo quello che uno vuole dire, tutte le narrazioni senza un filtro o un controllo. Qualsiasi testimonianza, anche la voce più drammatica è stata accolta. Tutte le narrazioni restano in archivio”.

Foto del Concerto dello Sprar di Cividale
In quale modo il Concerto – esibizione dello “Sprar Cividale” si collega a Via della Narrazione? “La narrazione è dei friulani, di ogni essere umano, di ogni italiano, ma anche delle persone che sono venute a vivere qui, ognuno dei quali porta un proprio contributo culturale. Sono aspetti che si intersecano: l’accoglienza è una necessità per allargare il nostro sguardo, per vederci con altri occhi, per costruire un futuro. Quindi è importante considerare le voci di chi è venuto da lontano, ascoltando racconti di viaggi difficili e avvicinandoci alla cultura. Su questo aspetto può intervistare più ampiamente Mehdi Limoochi, rappresentante dello Sprar di Cividale”.
Il vostro gruppo o ensamble ha un nome? Da cosa è scaturito il progetto?
“Tutto è nato da un workshop musicale per i rifugiati. Io come rifugiato ho conosciuto un altro iraniano rifugiato e poi abbiamo deciso di portare degli strumenti per suonare insieme. In seguito abbiamo aggiunto la recitazione e la poesia”.

Avete un sito internet nel quale è possibile visualizzare vostri video e visionare vostre foto? “Fino ad adesso no, ma abbiamo una pagina facebook https://www.facebook.com/sprar.cividale. Abbiamo organizzato un laboratorio musicale con ragazzi richiedenti asilo e rifugiati. A volte suoniamo insieme, recitiamo poesie e facciamo dei workshop con strumenti che provengono da diversi paesi”.
Quali strumenti avete adoperato per questo concerto? “Abbiamo suonato quattro strumenti. Due strumenti a corda che vengono dall’Iran: uno si chiama Tar, l’altro Setar. Le percussioni si chiamano Daf e Zarb. Ho suonato dei duetti con Amir Ehsan”.

Questi strumenti sono antenati del Liuto? “Si può dire si si, perché il Liuto, L’ Ud o El Ud è uno strumento antico arabo. Tra Tar – Setar e il Liuto arabo c’è molta somiglianza”.
Vedo un libro su questo tavolo, di cosa si tratta? “Questo è un libro di poesie di Hafez. Hafez era un mistico di 700/800 anni fa. Le sue poesie riguardano l’amore e vengono apprezzate molto in Iran e in Persia. [Mostrando il libro] Questa è la calligrafia persiana e questi disegni sono pitture persiane di un maestro contemporaneo ispirate alle poesie di Hafez “.
Avete quindi unito l’immagine alla poesia e alla musica. La presenza di questo libro deriva da un legame spirituale che avete con esso? “Esatto. La nostra letteratura, poesia e musica mistica servono a comunicare il concetto fondamentale di amore, di anima, di spiritualità che noi cerchiamo di trasferire nella nostra musica. Questo misticismo tratta dell’amore e delle radici dell’esistenza dell’essere umano”.
Quando avremo l’opportunità di ascoltarvi nuovamente? “Di solito ci esibiamo all’interno di manifestazioni culturali dove sono presenti stranieri e rifugiati. Noi ci siamo per testimoniare che i rifugiati non sono solo un fattore negativo ma possono contribuire alla cultura e ci sono delle cose da apprezzare e da conoscere come la musica, la poesia”.