Il 29 aprile è andato in scena al Teatro Massimo di Palermo “Le streghe di Venezia”. Un’opera contemporanea musicata da Philip Glass e sceneggiata da Vincenzo Cerami. L’orchestra è stata diretta da Francesco Lanzillotta, uno dei più promettenti direttori italiani.
L’opera
Ideata da Beni Montresor, “Le streghe di Venezia” è una fiaba che narra del re di Venezia che, senza eredi, cerca in ogni modo di avere un figlio. Convoca alla sua corte dei filosofi ma questi non riescono nell’opera, e quando una fata fa dono al re di un bimbo-pianta egli non lo riconosce come tale perchè: «I fiori emanano profumi, non leggi per gli uomini». Dà ordine piuttosto che il bambino venga chiuso in giardino. Cominciano qui le peripezie del piccolo bambino-pianta che aiutato dal vento si spinge fino alla casa delle streghe dove troverà la bambina-pianta. Sulla scena si svolge il ballo estivo delle streghe a cui partecipa anche il re. Alla fine i due piccoli si incontrano e il padre riconosce il figlio. La conclusione è affidata alla domestica della regia la quale dedica il suo canto «al vino che fa cantar» e che allevia le difficoltà della vita.
Seppur con una struttura e con testi semplici, i temi affrontati sono parecchi e intensi: la capacità di apprezzare la diversità, la necessità dell’ebbrezza e la sua insufficienza, il dovere di cercare la bellezza per le pieghe della vita essendo l’infelicità ineliminabile.
Si può così ritenere che “Le streghe di Venezia” sia basata sul tema della ricerca e della curiosità. La fiaba, allora, è dedicata ai bambini ma è un invito agli adulti. Lo spettacolo verrà replicato nei giorni 3, 4 e 5 Maggio.
Lo spettacolo
Se si volesse usare l’applausometro lo spettacolo non potrebbe dirsi riuscito sul pubblico palermitano. Un pubblico non affezionato alla modernità che digerisce difficilmente le interpretazioni moderne a meno che esse non siano colossali. Una spettatrice – per capire il sentimento di una parte del pubblico meno aperta alle novità – dalla platea e a spettacolo appena terminato, durante l’applauso finale, ha addirittura gridato la sua indignazione: “È una vergogna!”
L’opera può sembrare poco stimolante per un pubblico adulto, e forse, la reazione rivela che l’adulto ha davvero bisogno di riscoprirsi bambino, di ritrovare la capacità di incuriosirsi, di apprezzare la diversità e la novità. A qualcuno sarà sembrata dissacrante la musica minimalista di Glass – o come egli stesso la definisce “musica con strutture ripetute”– ma è necessario e corretto che la Fondazione del Teatro Massimo si apra alla modernità e la porti in scena come nel rimanente panorama operistico europeo.
A una più accurata riflessione, i motivi per cui si possa ritenere ben riuscito ci sono e son parecchi.
Anzitutto per le capacità artistiche e di recitazione del cast e in particolar modo dei mimi (Valeria Almerighi, Valentina Apollone, Giulia Cutrona, Giovanni Prosperi, Daniele Savarino). Di Gabriella Costa nei panni della strega e della fata, di Valeria Tornatore nelle vesti della domestica, di Gianluca Bocchino interprete storico del “re di Venezia”, del simpaticissimo Orco, Salvatore Grigoli, dei piccoli Carlota Maestrini (bambina-pianta) e Riccardo Romeo (bambino-pianta). Eccellente la partecipazione dei gruppo dei SeiOttavi e straordinario anche il coro delle voci bianche di Palermo.
Infine, motivo per assistere allo spettacolo, la regia di Giorgio Barberio Corsetti. Con la sua squadra il regista fa nuovamente centro con la tecnica del Chroma Key che viene potenziata rispetto alla regia della Cenerentola attraverso la trasposizione di due scene in scala.
In una intervista al programma Rai “Prima della Prima” il regista ha dichiarato: «È un modo per giocare con l’illusione e con la realtà e di formare i trucchi in diretta, che mi piace molto perché non ha nulla a che fare con i trucchi che ci vengono ammanniti come realtà, ma invece svelano i segreti: fanno vedere come è molto facile truccare le immagini e farle diventare qualcos’altro».