Ciascun palermitano ha un rapporto particolare con l’affresco “Il Trionfo della Morte” custodito presso Palazzo Abatellis. Studiato al liceo, osservato almeno una volta, chiunque abbia ammirato la bellezza dell’affresco si sarà per un attimo immedesimato in quella scena immanente ed eterna nel suo dramma.
Le interpretazioni del quadro sono infinite ma se c’è un motivo per cui “Il trionfo della morte di Palermo. Un’allegoria della modernità” di Michele Cometa va letto è perchè esso tenta di fare emergere dal quadro, a distanza di anni, le energie in esso rimaste assopite per 600 anni secondo le la filosofia del New Historicism.
Il libro è stato presentato dall’autore con Anna Li Vigni, Fabrizio Micari, rettore dell’università e da Andrea Sciascia.
Per descrivere gli interventi non c’è migliore espressione che quella dell’autore il quale rivolgendosi ai relatori ha affermato: “Avete fatto quello che occorre fare quando si legge un libro. Dire quello che l’autore non sa. Anna Li Vigni ha focalizzato la questione della melanconia facendola diventare protagonista del quadro – e facendo sentire questo modo, decisamente moderno, di interpretare la realtà recitando Spesso il male di vivere ho incontrato di Eugenio Montale e giustamente Fabrizio Micari evoca l’importanza dell’acqua. Andrea Sciascia poi hai segnalato delle colonne sonore moderne che dovrebbero essere accompagnate all’affresco (The end dei The Doors, Run to the jungle dei Creedence Clearwater Revival, Gimme Shelter dei Rolling Stones)”.
La modernità come tratto caratteristico dell’opera è stato infatti il filo rosso che ha unito gli interventi. Il trionfo della morte racconta il terrorismo, racconta il dramma dell’immigrazione ma racconta soprattutto l’immanenza della sua trama pittorica: “i due pittori con lo sguardo diegetico, guardando allo spettatore, dicono: «Questo racconto vi riguarda»” asserisce Anna Li Vigni. Non può sfuggire l’importanza del fatto che il trionfo della morte “racconti”. Infatti, esso evidenzia come “l’uomo è calato in un contesto narrativo. Egli è narrazione, è storia, ma questa storia inizia con la morte. La potenza della morte dà inizio alla vita del racconto” che è la memoria.
Il libro – come nota Andrea Sciascia – “cerca di dare alle parole il peso che una pennellata di Cézanne da a una mela”. Il testo si muove vorticosamente come la trama narrativa del dipinto ma infine la sua unità è consentita dai punti di vista – dal basso e dall’alto – offerti da Scarpa che collocò nella sua attuale sede l’affresco. Si può girare senza tregua, vivere infinite vite, perdersi ma senza mai riuscire a scappare dal proprio destino, di cui in quel medesimo affanno della vita si sarà autori.