“L’Italia ha bisogno delle Università e della vostra Università nel raccontare una visione in un tempo in cui sembra prevalere soltanto la divisione”. Con queste parole, pronunciate sul palco del Teatro Massimo, il presidente del consiglio Matteo Renzi ha inaugurato il 211esimo anno accademico dell’Università degli Studi di Palermo, alla presenza di politici, docenti e di pochi studenti. Molti ragazzi erano invece fuori, in strada, in una Palermo blindata in cui quel muro di divisione, evocato dal premier, è stato però innalzato allontanando la voce degli universitari.
“Hanno trasformato un evento di potenziale dialogo e confronto collettivo con il governo in una passerella che nasconde l’importanza delle esigenze del mondo dell’istruzione in generale e degli Atenei meridionali nello specifico”, hanno scritto i rappresentanti dell’Unione degli Universitari, che ha guidato il corteo da piazza Pretoria verso il teatro Massimo: “La splendida cornice del Teatro rischia di rappresentare la tipica autoreferenzialità del mondo della docenza accademica: tanti inviti d’obbligo o di circostanza tra docenti e istituzioni e poco spazio alla partecipazione degli studenti. L’unico studente che sarà chiamato ad intervenire in rappresentanza degli studenti, membro del Senato Accademico, è militante del Partito Democratico e fa parte della direzione regionale dei Giovani Democratici. Riteniamo poco opportuna una scelta del genere che rischia di pregiudicare l’imparzialità dell’intervento rispetto ad una testimonianza che deve invece rispondere al solo criterio di rappresentanza degli studenti e delle loro esigenze. In questa occasione ci troviamo costretti a manifestare il nostro dissenso nei confronti delle scelte dell’Ateneo rispetto all’organizzazione dell’evento – continua il comunicato di Udu Palermo – attraverso le quali siamo convinti si renda sempre più distante l’obiettivo di favorire la partecipazione della popolazione studentesca alle scelte di governance del mondo dell’istruzione”. Al corteo hanno partecipato molti ragazzi dell’università e dei licei, ma anche alcuni docenti, coinvolti anche in uno scontro con la polizia che in tenuta antisommossa bloccava il passaggio del corteo verso Piazza Verdi. “Il corteo recava esclusivamente uno striscione”, ha raccontato il docente universitario Ignazio Buttitta, “nessuno dei ragazzi portava con se alcun corpo contundente, caschi o altri tipi di protezione, ma siamo stati aggrediti a manganellate. La cittadinanza è stata impossibilitati a manifesta il proprio dissenso”.
In piazza Verdi sono riusciti ad arrivare invece alcuni attivisti del Movimento 5 stelle, fra cui molti ragazzi, per manifestare contro la riforma costituzionale, ed una cinquantina di insegnanti e ricercatori precari. “Abbiamo un sistema di classificazione a livello nazionale che penalizza fortemente gli atenei del sud perché non tiene assolutamente conto dei fattori sociali ed economici”, ha spiegato ai nostri microfoni Alessandro Bruno, assegnista di ricerca in ingegneria informatica, “abbiamo ogni anno molti meno fondi di finanziamento ordinari, questo vuol dire che si possono bandire sempre meno posti e quindi con il passare degli anni si stanno creando delle situazioni di emergenza per quanto riguarda il sostegno alla prosecuzione dell’attività dei corsi di laurea, oltre ad un problema generazionale che riguarda anche moltissimi dottori di ricerca che hanno investito anche più di dieci anni della loro attività tra assegni di ricerca e borse di ricerca e oggi si ritrovano senza alcuna prospettiva per il futuro”. I giovani ricercatori precari sono riusciti ad incontrare il rettore, Fabrizio Micari, e il presidente della Regione Siciliana Rosario Crocetta, a cui hanno simbolicamente chiesto un centesimo per la ricerca. “Con molto piacere, ma un centesimo mi pare pochino”, ha commentato Crocetta, nel dare ai ricercatori una banconota da 50 euro. Il governatore ha poi assicurato i ragazzi che la Regione farà il possibile per la ricerca. “Le risorse ci sono perché noi sulla ricerca stiamo investendo una parte importante delle somme europee. Dobbiamo fare degli accordi con l’Università”, ha detto loro Crocetta, “ve la daremo una mano ragazzi, ve la diamo volentieri!”.
Intanto la fotografia sul mondo dei giovani ricercatori, scattata dalla “VI Indagine ADI su Dottorato e Post-Doc”, resta impietosa: in dieci anni i dottorati in Italia sono praticamente dimezzati (-44%), da 15.733 a 8.737, un drastico taglio dovuto alla riduzione continua delle risorse. Nei prossimi anni solo il 6,5% di chi attualmente è assegnista di ricerca riuscirà ad accedere a un ruolo strutturato. Gli altri alla fine saranno espulsi. Si accentuano inoltre le disuguaglianze tra università del nord e del centro-sud del paese, con l’evidente contrazione dei posti a bando che penalizza maggiormente il sud. Basti pensare che il 50,3% dei ricercatori di tipo a è concentrato in 5 regioni: Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto, Toscana e Lazio. Nel suo intervento all’inaugurazione dell’anno accademico il rettore Micari ha evocato l’immagine di un nuovo Risorgimento per l’università italiana, ma perché questo avvenga sarà necessario uno sforzo maggiore da parte di tutte le parti in gioco, a partire dal governo nazionale e regionale.