Dal 11 al 18 Dicembre 2015 è andato in scena presso l’ Aula della Pädagogische Hochschule Freiburg, Kunzenweg 21, Boy2Girl“ tratto dall’omonimo romanzo di Terence Blacker, spettacolo particolarmente adatto ad un pubblico giovanile in quanto l’azione di svolge all’interno di un contesto scolastico ed i personaggi sono principalmente adolescenti. Tuttavia l’ integrazione, tema cardine del nostro secolo, è l’ elemento che rende questa rappresentazione appetibile anche ad un pubblico adulto. Il giovane Sam deve trasferirsi a Londra e nonostante le difficoltà di socializzazione nel gruppo dei pari, riesce alla fine ad inserirsi nella comitiva del cugino. In questo intreccio apparentemente ordinario si innestano motivi interconnessi come l’ iniziazione ed il gender, termine anglosassone per designare l’italiano “genere”.

Sam dovrà per integrarsi, superare una prova di iniziazione al termine della quale potrà diventare membro e parte integrante del gruppo: travestirsi da ragazza, cambiando la sua identità sessuale, e contemporaneamente il suo status mentale. L’identificazione in ruolo sociale, in una maschera, la “profezia che si auto adempie” secondo la definizione di Robert K. Merton, fanno di Sam un perfetto esempio teatrale di teorie sociologiche. Sam alla fine della prova ne uscirà stravolto nella sua identità, anche se il travestimento viene affrontato in chiave umoristico – comica, quasi fosse un momento carnascialesco di trasgressione volto al finale ristabilimento dell’ordine grazie all’agnizione di matrice classica. I genitori di Sam decideranno infatti di ricongiungersi al figlio che al termine della recita scolastica si spoglierà degli indumenti femminili, rendendosi così riconoscibile e svelando la propria beffa. Quella che doveva essere una prova da superare, diventa per Sam un motivo di sfida nel quale si identifica, giungendo con la sua aria anticonformista, a beffarsi del mondo guardato con un cinismo ed un distacco venato da una sottile ironia colorita dallo slang giovanile. Lo spettacolo in lingua inglese è stato apprezzato dal pubblico tedesco sia per la semplicità del lessico adoperato, ma soprattutto per la capacità degli attori, di superare le divergenze linguistiche grazie alla spiccata mimica ed espressività corporea.

Sebbene la scenografia sia stata ridotta all’essenziale, l’intento registico ha cercato di valorizzare i tipi umani insiti in ciascun personaggio mirando volutamente all’esagerazione caricaturale, cercando per questo di “strappare un sorriso o un applauso” da parte del pubblico. Il cast era formato da studenti sia tedeschi sia provenienti da svariate nazioni europee ed extra-europee, giustificando così anche l’adozione della lingua inglese come sovranazionale. La volontà registica arguta che trapelava dalla rappresentazione è stata quella di assegnare ad ogni studente il comportamento e/o il personaggio che più gli rassomigliava tentando di enfatizzarlo sul palco. Questo espediente ha cercato di sopperire, in maniera egregia ad un cast in generale non professionista, eccetto il protagonista Daniel Volaric nel ruolo del personaggio Sam, che ha dimostrato padronanza scenica e carisma. Adoperata anche la tecnica metateatrale di sicuro impatto del personaggio che viene dal pubblico recitando ed arriva sul palco, moda teatrale attuale dalle radici storiche profonde come avviene, solo per riferirsi ad un modello conclamato, nell’opera di Pirandello “Sei personaggi in cerca d’autore”. I costumi erano tratti da abiti comuni e giovanili, scelta giustificata dalle movenze dei personaggi che richiamano il rap ed una gestualità volutamente maldestra ed esagerata.

La musica è stata adoperata come mezzo per intercalare le parti narrative e momento di distensione dell’azione, in forma ludica senza pretese di realizzare un prodotto di levatura anche se adeguatamente incastonato nello svolgimento scenico. Non è mancata la citazione ad alcune pagine celebri del Clavicembalo ben Temperato di Bach, come il famoso Preludio in Do maggiore dal Primo libro, ed alcune suggestioni rock come “People are strange” dei Doors in melodie canticchiate ora a modi di stornello ora evocate e sussurrate, ora ancora dispiegate nel suono metallico e stridente delle chitarre elettriche nella canzone “Bad Girl. Nei ringraziamenti finali, è stata prevista la possibilità di un proficuo scambio di domande tra pubblico e cast, insieme alla presentazione dei partecipanti. In questo spettacolo è mancato del tutto il senso di straniamento che si prova all’ascolto di una lingua straniera, riuscendo al oltrepassare il valico culturale/ linguistico in maniera divertente e trattando l’integrazione, tema ostico e ampiamente dibattuto con la leggerezza spiazzante e la spensieratezza di un giovane adolescente che si affaccia alla vita adulta: Sam.