Borsa di studio, alloggio, servizio mensa e contributi per materiale didattico e trasporti. Sono questi gli strumenti e i servizi per garantire il diritto allo studio. La figura che da qualche anno, però, caratterizza il panorama universitario italiano è quella dello studente ‘idoneo non beneficiario’. É il caso di chi, pur rientrando nei requisiti per ricevere un sostegno economico per intraprendere o continuare la propria formazione, non vi ha accesso a causa dei de-finanziamenti.
L’attuale sistema di finanziamento, che comunque non riesce a coprire la totalità degli studenti idonei, è gestito da tre soggetti: lo Stato con il fondo integrativo, le Regioni attraverso fondi propri e gli studenti con la tassa regionale.
“Oggi, gli studenti sono i primi finanziatori del diritto allo studio” ha dichiarato a Iostudionews, il portavoce di Link Coordinamento Universitario Alberto Campailla. Infatti, il ‘Rapporto sulla condizione studentesca 2015’ realizzato dal Consiglio nazionale degli studenti universitari registra che, negli anni, il trend delle entrate dalla tassa regionale è in continuo rialzo e che nell’ultimo anno ha avuto un particolare incremento, andando oltre i 200 milioni di euro complessivi.
Dai dati del Miur analizzati nello studio del Cnsu, si evince che il 42,2% di finanziamento sulla spesa complessiva per il diritto allo studio è coperto con le entrate della tassa regionale pagata dalle famiglie degli studenti, il 34,2% dal fondo statale e solo il 23,6% deriva dalle risorse proprie delle Regioni che, negli ultimi 4 anni, peraltro sono vertiginosamente diminuite. Quindi, in sostanza, sono principalmente gli studenti a pagarsi le proprie borse di studio e, ciononostante, il numero dei beneficiari è drasticamente calato negli ultimi anni.
Inoltre, dai dati relativi agli idonei per la borsa di studio, pubblicati nel mese di settembre dalle aziende per il diritto allo studio universitario di varie città italiane, è emerso un dato preoccupante: il numero degli studenti ritenuti non idonei che, quindi, non avranno diritto a un aiuto economico, è aumentato quasi del doppio rispetto allo scorso anno accademico. La ragione principale per la quale circa il 25% di borse di studio non saranno coperte deriva dalla nuova modalità di calcolo Isee, che ha fatto lievitare gli indicatori economici patrimoniali delle famiglie degli studenti. Questa categoria di esclusi si somma, dunque, alla fascia degli studenti idonei ma non beneficiari.
Nell’ultimo decennio c’è stata una significativa riduzione del numero delle iscrizioni nelle università (-17%) che è andata di pari passo con l’aumentare delle tasse universitarie (circa il 63%) e con il diminuire dell’effettiva assegnazione delle borse di studio. Eppure, “i capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi” recita l’articolo 34 della Costituzione. E per di più, “il compito della Repubblica – come dice l’articolo 3 – è rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana”.
I fondi previsti dall’ultimo finanziamento statale per il diritto allo studio sono solo 162 milioni di euro e, come ha spiegato Campailla “sono assolutamente insufficienti perché ce ne vorrebbero almeno altri 200 milioni in più”. Inoltre, questi fondi sono distribuiti fra le varie regioni in maniera non uniforme: le risorse vengono concentrate prevalentemente nelle regioni che investono di più per borse di studio avendo più studenti idonei, specie fra i fuori sede.
Dopo il tavolo di lavoro tecnico che si è riunito il 16 ottobre al Ministero, il Presidente del Consiglio Matteo Renzi, ha avanzato la proposta di aggiungere ulteriori 50 milioni di euro da destinare al diritto allo studio. Ma il Miur non ha soldi a disposizione e, quindi, a farsi carico della mancanza di risorse dovrebbero essere le Regioni che, a loro volta, invece stanno progressivamente riducendo gli stanziamenti.